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Numeri della guerra parole della pace


[intervento alla serata con Piergiorgio Odifreddi e Moni Ovadia su Numeri Proibiti: numeri della guerra parole della pace, Mercoledì 15 maggio 2024, Cinema Muovo Nosadella, Bologna, ore 19.0]

Le spese militari.

Nel mondo oggi si spendono 2.388 miliardi di dollari in armamenti (dati 2023 del SIPRI di Stoccolma), il che vuol dire più del Prodotto Interno Lordo della Russia, del Brasile o dell’Italia (l’ottava, la nona e la decima economia del mondo).

Di questo totale, gli USA spendono il 38.4%, la Cina il 12.4%, la Russia il 4.6% e l’insieme dei paesi NATO il 56%. Gli Stati Uniti spendono più di 8 volte quanto spende la Russia.

Fino al 2021, le cose erano appena un po’ diverse. Negli otto anni 2014-21 il mondo aveva speso 14.400 miliardi di dollari, di cui il 55.4% da parte dei paesi NATO, il 39% da parte degli USA e il 3.8% da parte della Russia. Nel 2021, l’anno prima dell’inizio della guerra in Ucraina, la Russia aveva speso appena 66 miliardi di dollari, appena l’8.2% degli USA, poco più di Gran Bretagna e Arabia Saudita, ma anche di Francia, Germania, Giappone e Corea del Sud e meno del doppio dell’Italia (36,2 miliardi).

La spesa russa era calata, dopo il picco del 2014 di 85 miliardi.

Nel 2022 e 2023 c’è stata un’impennata. La spesa militare russa ha raggiunto i 109 miliardi, quella americana i 916 e quella NATO i 1335 miliardi. Da notare, che la spesa Ucraina ha toccato i 65 miliardi di dollari, ponendo l’Ucraina all’8° posto, appena dietro alla Germania.

Tra i 15 paesi che spendono di più in spese militari, il primato nella spesa per abitante nel 2023 va a Israele (quasi 3mila dollari), seguito da USA (2.700 dollari) e Arabia Saudita (2.052 dollari). L’Ucraina segue al quarto posto con 1.762 dollari a testa.

In rapporto al PIL, l’Arabia Saudita primeggia (7.1%) seguita da Russia (5.9%) e Israele (5.3%), Polonia 3.8%) e USA (3.4%). Nel 2023 è l’Ucraina che è balzata in cima alla classifica con un rapporto pari al 36.7%, ma era già al 4.4% nel 2020. In figura, i primi 10 paesi con rapporto superiore al 2%.

L’Italia (1.61%) è davanti a Germania (1.52%) e Giappone (1.2%): tra i 15 è tra quelli che spendono meno in proporzione al PIL.

Gli eserciti…

In termini di personale attivo, tra militari di professione e riserve, i paesi con i più grossi eserciti sono Corea del Nord (7.769.000), Corea del Sud (6.712.500), Vietnam (5.522.000), India (5.137.500), Russia (3.708.000), Ucraina (2.122.000), Brasile (2.101.500), USA (2.073.000) e Taiwan (1.832.000). Gli eserciti più ampi sono quelli di Cina (2.185.000), India (1.456.000), USA, Corea del Nord (1.280.000) e Russia (1.154.000).

La Russia, quindi, è una grande potenza? È una piccola potenza militare in termini di spesa e una notevole potenza in termini di esercito.

La Russia ha un PIL (dati 2022) che è meno del 9% di quello USA, un ottavo di quello cinese e un settimo di quello europeo. Non è certo più una superpotenza economica. Il PIL pro-capite, poi, pone la Russia parecchi in basso ($ 15.271): è appena più alto di quello della Bulgaria – il paese della UE più povero ($ 13.974) – e di quello cinese ($ 12.720) e inferiore a quello rumeno ($ 15.787). Quel PIL pro-capite, poi, è appena 4 decimi di quello medio della UE. Il PIL pro-capite ucraino, poi è appena di $ 4.434, meno di un terzo di quello russo.

… e le guerre nel mondo

Vi sono sempre conflitti nel mondo. La lista è lunga (e dipende anche dalla definizione di conflitto).

In Palestina, il conflitto tra israeliani e palestinesi va avanti dal 1948 e ha causato circa 240.000 vittime fino al 7 ottobre 2023.

Dopo l’attacco di Hamas (1.200 morti), invasione di Gaza (36mila morti).

La guerra in Ucraina successiva all’invasione russa del 24 febbraio 2022 ha causato tra i 180 e i 220 mila morti. La guerra in Siria, di cui ormai non si parla più, continua – secondo le stime ha causato già più di 600mila morti, più centinaia di migliaia di sfollati e rifugiati.

A Myanmar (Birmania), ad esempio, il conflitto va avanti in varie forme dal 1948 e ha già causato un totale stimato di 180.000 vittime. La guerra in Sudan ha già provocato, secondo alcune stime, fino a 150mila vittime. In Yemen, dal 2014, ci sono già stati 380mila morti. Ci sono poi molti conflitti «a bassa intensità», come si dice, in Colombia, Somalia, Nigeria, Iraq, Afghanistan, Kivu (Congo), Sud Sudan, Kurdistan.

Un immagine che illustra i conflitti e numero di vittime tra il 2015 e il 2020 nel mondo (quelli più cruenti):

Nel 2015, 180mila morti, nel 2016 153mila, nel 2017 139.000, nel 2018 138mila, nel 2019 119.400 e nel 2020 122mila, per un totale di 851mila vittime in sei anni in 27 conflitti diversi.

Quale uso delle risorse pubbliche?

Si spende tanto per armarsi e fare le guerre. Per dar il senso delle proporzioni, il flusso totale di aiuti internazionali e assistenza allo sviluppo nel 2022 è stato di 243.5 miliardi di dollari. In altre parole, si è speso 10 volte tanto in spese militari.

Nel 2020 (l’anno più recente per cui ci sono dati), nel mondo si sono spesi quasi 5mila miliardi di dollari in istruzione (tutti i livelli) e circa 9mila miliardi in sanità.

I 6 paesi che più spendono in spese militari in rapporto al PIL non fanno molto meglio: per l’istruzione, gli USA destinano il 5.4%, Israele il 7.4%, l’Arabia Saudita il 5.1%, l’Ucraina il 5.7% (l’India il 4.6% e la Cina il 3.3%); per la sanità, gli USA danno il 18.8%, Israele l’8.3%, l’Arabia Saudita il 5.5%, l’Ucraina il 7.6%(la Cina il 5.6% e l’India il 3%).

Nel mondo, una buona parte della popolazione, ancora, non riceve alcuna istruzione o non ha neppure un’istruzione primaria (più del 40%).

Eppure, c’è tanto di cui ci si potrebbe e si dovrebbe preoccupare…

Povertà nel mondo

Nel 2024 ci sono ancora 700 milioni di persone (stima della Banca Mondiale) che vivono con meno di $ 2 e 15 centesimi al giorno, la cosiddetta soglia della povertà.

I poveri, negli ultimi anni si erano ridotti di molto ma le crisi del triennio (2020-2022) – pandemia, guerra in Ucraina – hanno peggiorato la situazione. La maggior parte dei poveri vive in Africa sub sahariana, ma ve ne sono anche in India e nel resto dell’Asia e in America Latina.

Negli ultimi anni la povertà era calata, dal 2020 è tornata a salire: basterebbero 165 milioni di dollari per tornare ai livelli del 2019!

Più di tre miliardi di persone vivono con meno di 2 dollari e mezzo al giorno. 1.3 miliardi hanno meno di $ 1.25.

La povertà c’è anche in Europa: si stima che vi siano 95 milioni di persone «a rischio di povertà o esclusione sociale» (definizione UE), cioè il 21.6%. In Italia, sono il 24.4%! L’Italia ha il tasso di povertà più alto tra i Paesi dell’Europa occidentale, dopo la Spagna (26%).

I poveri “assoluti”, quelli sotto la soglia di povertà (€ 817 al mese), sono in Italia 5 milioni e 670mila (uno ogni 12 abitanti). Il 56% dei poveri vive in Meridione (dove ci sono meno del 40% degli abitanti).

Fame nel mondo.

La fame è ancora un problema! Si stima che vi siano 783 milioni di persone che soffrono la fame cronica e la sottonutrizione. In alcune zone del mondo la quota di persone che soffrono la fame cronica è altissima: 22.5% in Africa sub-sahariana, 15.6% nei paesi dell’Asia meridionale, 7.5% in Africa settentrionale.

La fame non è sempre legata alla povertà, ma alle disponibilità di cibo e all’agricoltura.

Migrazioni

Le guerre, la povertà e la fame sono all’origine delle migrazioni. Le ultime stime parlano di 281 milioni di migranti nel mondo (87 milioni in Europa, 6 milioni in Italia), il 3.5% della popolazione globale (erano il 2.8% nel 2000 e il 2.3% nel 1980 e la popolazione mondiale è cresciuta).

Tra questi, vi sono 35.3 milioni di rifugiati, sfollati o persone che sono dovute fuggire dalle loro case, tra cui 5.9 milioni di palestinesi. Tra i rifugiati, sono 5.4 milioni quelli che hanno chiesto asilo.

L’Europa ha chiuso le frontiere ma gli arrivi continuano.

Le frontiere chiuse non fermano chi emigra dal proprio paese, da chi fugge, da chi cerca condizioni migliori. Dal 2015 sono arrivati in Spagna, Italia, Grecia e Cipro, via mare, 2,5 milioni di persone. Tanti sono stati i morti in mare: 28mila.

Negli ultimi anni, dopo la crisi del 2015-16 dovuta alla guerra in Siria, il flusso era calato, ma da un paio di anni ha ricominciato a crescere (nella figura, gli arrivi mensili): 160mila nel 2022, 270mila nel 2023. Nel 2024 sono già arrivati 55.327 migranti e rifugiati (e 547 sono i morti accertati in mare).

Nel grafico gli arrivi mensili dal Mediterraneo a partire dal 2017.

È un mondo iniquo, ingiusto, sbilanciato.

Le ricchezze sono concentrate nelle mani di pochi, che vivono soprattutto a Occidente.

La distribuzione del reddito è sempre più iniqua

La distribuzione globale del reddito oggi. Guardiamo alla quota di reddito che afferisce al 10% più ricco, che è un indicatore di disuguaglianza.

Il 10% più ricco si prende il 52% del reddito complessivo. Al 50% meno ricco va appena l’8% del reddito complessivo. La classe media e medio alta ottiene il 39.5%. La ricchezza (il capitale, gli immobili, i titoli) è ancora più concentrata. Il reddito medio (globalmente) di un ricco è di € 87.000, quello di un non ricco (il 50% più basso nella scala) è di appena € 2.800 annui.

Il rapporto tra il reddito del 10% più ricco e quello del 50% meno ricco è aumentato nel corso degli ultimi due secoli, da 18 che era nel 1820 fino a raggiungere un massimo durante la Belle Époque, all’apice dell’imperialismo occidentale, quando fu pari a 41. Dopo la Prima guerra e soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, il rapporto scese fino a 35 per tornare poi a salire (nel 1980 era vicino a 53). Oggi siamo tornati vicino ai livelli dell’Ancien Regime (38).

I ricchi sono ricchi come allora. La tendenza recente sembra essere al ribasso, ma solo perché sono entrati i nuovi ricchi dai paesi emergenti.

Negli ultimi 30 anni, i ricchi più ricchi hanno visto crescere il loro reddito molto più che ogni altra fascia sociale, in tutti i paesi. L’1% più ricco della popolazione ha visto crescere il suo reddito del 9% all’anno! La classe media e medio-alta del 3%, le classi popolari hanno visto un reddito costante.

E se si tassassero i redditi dei più ricchi?

Nel mondo ci sono 62 milioni di persone con un reddito maggiore di 1 milione di dollari all’anno. Se li si tassasse, con un aliquota progressiva aggiuntiva sopra il milione (dallo 0.6% per redditi fino a 10 milioni, fino al 3.2% per redditi sopra i 100 miliardi), si potrebbe ricavare un cespito pari all’1.6% del reddito globale, pari a diverse centinaia di milioni di dollari, per combattere la fame e la povertà e investire in istruzione, sanità e transizione ecologica. Dite che non ne varrebbe la pena?

Ci sono anche disuguaglianze che possiamo chiamare “climatiche”

Le emissioni di CO2 dipendono dai consumi (stile di vita) e dalle attività economiche (industria, produzione di energia, trasporti, agricoltura e allevamento). Calcolando le emissioni secondo i titolari di quei consumi e attività, si può calcolare quella che viene chiamata la impronta ecologicadi ciascun individuo. Chi emette di più, ovviamente, è anche più ricco perché coinvolto in più attività e con maggiori redditi.

In media, gli esseri umani abitanti del pianeta oggi emettono 6.6 tonnellate di CO2 all’anno. Non tutti, ovviamente, contribuiamo nello stesso modo, alcuni di più (molto di più), altri di meno.

Ordinando la popolazione per quantità di CO2 emessa, come si fa con il reddito, si viene a stabilire che il 10% di produttori di CO2 che producono di più sono responsabili del 48% delle emissioni totali. Il 50% dei produttori che producono di meno, sono invece responsabili del 12%: non siamo tutti responsabili allo stesso modo!

C’è poi un’altra disuguaglianza climatica: i paesi che più subiscono la crisi climatica – i paesi tropicali – sono quelli che meno contribuiscono alle emissioni.

Parole di pace

«Si chiudano gli arsenali, si riempiano i granai», disse Sandro Pertini.

  • Tagliare le spese militari, più spese per istruzione e sanità, veicolo di progresso – cercare il dialogo e la coesistenza: questo vuol dire volere la pace!
  • Intervenire sulla distribuzione del reddito: questo è volere l’eguaglianza!
  • Lottare contro povertà, fame e migrazione per necessità: questo vuol dire preoccuparsi della dignità!
  • Favorire la diminuzione di emissioni di CO2: questo è curarsi della terra!

UN SALUTO E GRAZIE


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